mercoledì 24 giugno 2015

Diego Fusaro, ovvero sutor, ne ultra crepidam !, di Dante Lepore

Ha fatto molto scalpore la vicenda di Francisco
“Kiko” José Gómez Argüello Wirtz, già pittore spagnolo, poi iniziatore, assieme
a Carmen Hernández e a padre Mario Pezzi, del Cammino Neocatecumenale,
itinerario di formazione cattolica e di evangelizzazione, una “star” secondo “il
Giornale”[1], quando,
sabato 20 giugno, ha praticamente segnato il ritorno in una piazza San Giovanni
gremita, a sentir loro, di oltre un milione di persone,
della galassia ultracattolica italiana, con un argomento che ha lasciato in imbarazzo
la stessa gerarchia vaticana, quello del femminicidio. La CEI ha parlato di “caduta
di stile”. I dati dicono che attualmente il Cammino Neocatecumenale è presente
in 124 nazioni dei 5 continenti, in 1.479 diocesi di 6.272 parrocchie con
20.432 comunità.[2] Il comitato organizzatore “Difendiamo i nostri figli”,
riunisce al suo interno – tra gli altri – neocatecumenali, il gruppo teocon dei
“Parlamentari della famiglia”,  le Sentinelle
in Piedi, gli evangelici, l'associazione “Manif pour tous”, gli antiabortisti
del “Movimento per la vita” e i quotidiani cattolici come La Croce. L’intervento del pittore spagnolo è stato percepito come l’affermazione
che il femminicidio, se non proprio causato o giustificato da una sorta di colpa,
almeno motivato dal venir meno dell’amore che è alimento essenziale dell’essere
umano, per via dell’abbandono dei mariti da parte delle donne.  
Di tutta questa faccenda che bolle in
pentola cattolica e che ha fatto il giro del web non dice nulla il prof Diego Fusaro,
professore avvezzo alle banalità mediatiche, il quale gigioneggia in modo ammiccante
e ripetitivo su tutto e il suo contrario, e a proposito della “tifoseria” sviluppatasi
col Family Day romano[3], dice
di non parteggiare né con chi è per il matrimonio costituzionale né con chi vuole
estenderne la legalizzazione alle coppie dello stesso sesso. In realtà il
professore non si tira affatto fuori dalla sostanza comune ai tifosi, ossia da
una paccottiglia ideologica e morale piuttosto sordida, come tutte le tematiche
dell’odierna fase di putrescenza imperialista e di regressione sociale, anzi,
con candida nonchalance, continua, come è solito fare, a sproloquiare su Marx,
con la rituale premessa, “di metodo”, che… da Marx bisogna partire per comprendere
il movimento della storia reale, e tale movimento della storia “reale” sarebbe
esattamente quello che, non Marx nell’Ottocento, ma lui, il professore, avrebbe
fatto, manco a dirlo, nel suo studio Il
futuro è nostro
, nell’anno di grazia 2014.
Diego Fusaro sostiene che «il profondo fenomeno che è oggi in atto coincide
con la distruzione capitalistica della
famiglia», come risultato della «logica di sviluppo del capitale,
negli ultimi cinquant’anni» fino al «superamento di ogni limite reale e simbolico in grado
di opporre resistenza
all’estensione onnilaterale della forma merce a ogni ambito della realtà e del
pensiero».
Questa cosa brutta egli la chiama anche «il fanatismo economico», per cui «il capitale vuole vedere ovunque atomi
di consumo, annientando ogni forma di comunità solidale estranea al nesso mercantile». La famiglia, che il prof Fusaro non osa descrivere
secondo il metodo appena astrattamente invocato, come un prodotto storico “reale”,
sarebbe invece, sulla scorta di Aristotele e Hegel, «la prima
forma di comunità», un elemento originario naturale,
biologico, che «comporta, per sua natura, la
stabilità affettiva e sentimentale, biologica e lavorativa». Addirittura essa consisterebbe nella «comunità degli individui solidali che si rapportano
secondo criteri esterni al nesso mercantile del do ut des». Così
impostato il discorso sulla famiglia, al tempo stesso come fatto a-storico, “naturaliter
comunitario”, originario, ma anche come “inizio” storico, anziché (come in Marx!)
come processo storico nato proprio dalla distruzione dell’originaria Gemeinwesen
ad opera della divisione sociale del lavoro e dalla nascente proprietà privata
alla cui preservazione essa era destinata a presiedere, il professore sedicente
marxista ha buon gioco di riprendere la critica marxiana sul processo di sussunzione
reale di tutto a sé del capitale, e dunque a «neutralizzare ogni comunità
ancora esistente, sostituendola con atomi isolati incapaci di parlare e di intendere
altra lingua che non sia quella anglofona dell’economia di mercato». È
opportuno qui aprire una precisazione in merito a questa puerile ostentazione
di marxismo, peraltro condita ecletticamente di tutte le contaminazioni
possibili di filosofie ad esso estranee ma che dovrebbero coesistere con esso,
da Gentile ad Aristotele ed Hegel neppure raddrizzato. Marx riempì numerosi taccuini
di appunti, gli Ethnological Notebooks, sugli studi di H. L. Morgan (<p>La</p>società antica) che ricostruivano il modo di vivere e il sistema gentilizio
delle comunità primitive ancora viventi presso gli indiani d’America, ma anche
su quelli di Bachofen (Il diritto materno) sulla condizione gentilizia
dei greci nel trapasso dal matriarcato al patriarcato. Toccò ad Engels dipanare
questa materia complessa e lo fece nell’opera <p>L’origine della famiglia,</p>della proprietà privata e dello Stato, mai studiata da tutti coloro che
pontificano oggi sulla famiglia. In essa c’è abbondante documentazione
etno-antropologica e storica sulle condizioni che hanno portato alla disgregazione
della comunità primitiva che ignorava totalmente la famiglia. Dal punto di
vista storico, il tempo in cui la comunità materiale umana vive senza la
famiglia rispetto a quello in cui troviamo le differenti forme di famiglia,
tradotto in grafico, equivale all’incirca ad un palazzo di dieci piani rispetto
ad una moneta da un euro.
Il capitalismo, che Diego
Fusaro chiama «fanatismo economico» e che predominerebbe nella forma del
neoliberismo, nella sua tendenza all’«allargamento
illimitato della forma merce a ogni ambito dell’esistenza e del pensiero» entrerebbe in collisione con la famiglia tradizionale,
nella cui avversione, anziché nel riconoscimento dei diritti civili, anche le
“forze progressiste” manifesterebbero il proprio baricentro. La “destra del
denaro”, ossia, secondo il professore, quella che detta le leggi strutturali
del neoliberismo,  «decide che la famiglia deve essere rimossa in nome
della creazione dell’atomistica delle solitudini consumatrici». Questa ridicola e vuota espressione riassumerebbe
l’effetto dell’azione distruttiva del «fanatismo economico» sulla famiglia, cioè le …solitudini
consumatrici. D’altra parte, il neoliberismo imperante ha una seconda «apertura alare» nella “sinistra del costume” che ha il compito di fornirne le
sovrastrutture e la giustificazione simbolica, e che pertanto arriva alla «delegittimazione della famiglia come forma borghese
degna di essere abbandonata, silenziando
come “omofobo” chiunque osi dissentire», fino ad ostracizzare appunto
come omofobo, secondo la procedura dello “psicoreato” orwelliano, chiunque osi
pensare che secondo natura i figli sono il prodotto di un uomo e una donna.
Tirando le somme, il
messaggio del professore è tutto in una banalità, nell’illuminarci che «la categoria di omofobia… diventa essa stessa una nuova categoria dell’intolleranza, con cui non si accetta
l’esistenza di prospettive diverse». Per intenderci, come quando il bove dà del cornuto all’asino, o, fuor di
metafora, un candidato desse all’altro del “comunista”!



















[1] http://www.ilgiornale.it/news/cronache/false-accuse-sul-femminicidio-processare-family-day-1144244.html



[2] Cfr. <p>Famiglia</p>Cristiana, 10.02.2013.



[3] Tutte le citazioni sono tratte da Diego Fusaro, Di Family Day e distruzione della famiglia, in Il fatto quotidiano,
21 giugno 2015, http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06/21/di-family-day-e-distruzione-della-famiglia/1799898/
.

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